sabato 9 ottobre 2010

"Prima che l'Italia entrasse nella storia" - su "Nacquero contadini, morirono briganti" di Valentino Romano, Luciano Pagano da Il Paese Nuovo



Prima che l’Italia entrasse nella Storia.
su “Nacquero contadini, morirono briganti” (Capone Editore) di Valentino Romano
di Luciano Pagano, "Il Paese Nuovo" di Sabato 9 Ottobre 2010

Quando tra una cinquantina d’anni o forse più verrà descritto il periodo storico che stiamo attraversando, nel bene e nel male la disamina dovrà affrontare la descrizione dello stato in cui versa l’istruzione pubblica. I tagli all’istruzione, il precariato del giovane e/o anziano corpo insegnante, l’accorpamento delle classi, l’estrusione di alcune materie e discipline; tutti questi elementi presi insieme, se faranno la felicità di qualche spicciolo in più per l’erario, si riveleranno a lungo andare come una delle più grandi piaghe del nuovo millennio, che forse verrà archiviata come ‘ignoranza per favoreggiamento’. Se è vero che l’Italia è destinata a essere un paese per vecchi, ecco che i giovani d’oggi, quelli che a sedici anni smettono di studiare per lavorare, saranno vecchi rintronati con la testa piena di nozioni apprese dai motori di ricerca o dalle ‘interviste con la storia’ rilasciate non da Oriana Fallaci ma da qualche partecipante al Grande Fratello.
Questo pensiero sarebbe sterile e desolante se non ci fosse, da sempre, un antidoto all’ignoranza: la lettura e lo studio della storia. Purtroppo i programmi asfittici, soprattutto quando si avvicina la fine del percorso di studi superiore, non consentono di approfondire come si deve l’ultimo secolo della nostra storia patria, il più interessante e di sicuro più ricco di avvenimenti che ancora oggi hanno ripercussioni sulla nostra vita politica, basti pensare alle affermazioni deliranti che il nostro senatore Umberto Bossi rilascia oramai con l’intermittenza di un neon rotto. Dobbiamo porci a mio parere due domande: cosa sarebbe oggi la nostra vita, la nostra economia, la nostra storia, se non vivessimo in un paese unito? E, di seguito, da dove veniamo, qual’è la storia della nostra unità, che ci stiamo appressando a celebrare salvo poi non conoscere tutti i risvolti di quel periodo così tragico e allo stesso tempo valoroso. A fare un po’ di luce su alcuni dei lati oscuri, che altrimenti rimarrebbero appannaggio delle cronache giudiziarie del secolo scorso, ci pensa Valentino Romano, con un suo “libro di storie” appena pubblicato da Capone Editore con il titolo di “Nacquero contadini, morirono briganti” (prefazione di Paolo Zanetov, pp. 144, €10,00). Ho utilizzato l’accezione di ‘libro di storie’ perché in questo testo il lettore trova un
equilibrio perfetto tra romanzo storico e saggio storico. I racconti che compongono il volume sono ambientati principalmente negli anni dell’Unità d’Italia, proprio a ridosso del 1861. Si tratta di fatti di vita quotidiana, capitoli giudiziari, cronache vere e proprie, mediate da una scrittura che ci riesce a portare indietro, quasi come cronisti invisibili presenti sulla scena dei delitti che vengono narrati.
Si leggono in “Nacquero contadini, morirono briganti”, le vere storie di quelle manzoniane “gente meccaniche”, che altrimenti non conosceremmo, proprio per colpa di quei programmi scolastici ingolfati cui non tutti hanno avuto la fortuna di sopperire con lo studio universitario o, semplicemente, con la curiosità personale. La lettura di questo testo ci catapulta in un ‘far west’ del Mezzogiorno italico, ambientato in un periodo storico nel quale non c’era ancora un’esatta demarcazione non tanto tra il lecito e l’illecito, quanto tra chi, detenendo il potere, poteva decidere che cosa era reato e che cosa no. Questo libro fa parte di una serie di testi che la Capone Editore ha dedicato alla Storia del Mezzogiorno e in particolare alla Storia del Brigantaggio. Leggiamo qui vere storie di vilipendio dell’autorità, prostituzione, latrocinio, tutte narrate con l’occhio imparziale dello storico, e, ovviamente, con il giudizio finale che viene rimesso al comando dei bersaglieri o al giudice di turno. La cosa più interessante di questo libro, e qui torniamo al discorso iniziale speso per lo stato dell’istruzione, è nel fatto che senza iniziative editoriali di questo genere non avremmo l’opportunità di approfondire un periodo storico, quello dell’Unità d’Italia, del quale tanti fiumi di lettere verranno profusi e di cui poco si potrà conoscere, proprio perché questi episodi sono fuori dall’orizzonte dell’approfondimento nelle aule dell’insegnamento superiore. C’è, ad esempio, la storia di una donna che subisce violenza da un brigante facente parte di una banda che poi viene sgominata; davanti al plotone di esecuzione la donna non esita a chiedere al prete di concederle di celebrare un matrimonio con il suo violentatore, appena prima che questo venga ucciso, per fare in modo che venga lavata l’onta della violenza e la donna possa continuare a vivere nel suo paese come vedova del brigante, piuttosto che come ‘violata’. Una storia fra le tante che ci dà la misura di quanti codici e di quante tradizioni vadano a intrecciarsi nel nostro passato, prima ancora che l’Italia diventasse una nazione. Come nota giustamente la scrittrice Monica Mazzitelli, autrice della postfazione al volume, è proprio in queste storie che si nasconde la vera e varia umanità di cui siamo composti, storie che difficilmente troveremo nei manuali, perché “in queste pagine ci sono dolore e leggerezza insieme, crudeltà e amore: c’è umanità e disumanità come antinomia della stessa essenza: quella della realtà fatta di carne, delle sue pulsioni”. Un libro che è anche un risarcimento ai mille torti che la Storia ha fatto dalle persone che, volenti o nolenti, hanno contribuito al suo movimento.

http://twitter.com/lucianopagano

Valentino Romano, Nacquero contadini, morirono briganti, Capone Editore, Prefazione di Paolo Zanetov, Postfazione di Monica Mazzitelli, pp. 144

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