venerdì 26 maggio 2017

Mesopotamia e Mediterraneo antico. Le origini della navigazione, recensione a firma di Felice Laudadio apparsa su "Pentagrammi" dell'11 aprile 2017


Mesopotamia e Mediterraneo antico
Le origini della navigazione

di Felice Laudadio

Guerre sul mare e azioni di pirateria già nell’Età del Bronzo, intere civiltà travolte dai migranti nel mare Nostrum: uno scenario tutto da leggere nel saggio di storia antica del prof. Massimo Baldacci, delle Università dell’Aquila, di Roma Tor Vergata e Stoccarda. Il titolo è «Le origini della navigazione. Mesopotamia e Mediterraneo antico», ed è pubblicato dalle Edizioni Capone di Lecce (gennaio 2017, 192 pagine).
Tarda età del Bronzo, parliamo del 1500-1200 avanti Cristo, quando alcune delle maggiori entità politiche mediterranee dell’epoca andarono incontro a un rapido declino e scomparvero: Ugarit, Micene, l’impero ittita. Altre, come l’impero egizio, dovettero ridimensionarsi, abbandonando alcuni territori precedentemente occupati. Tra le cause della crisi di fine Bronzo vanno segnalate le migrazioni dei Popoli del mare, le cui origini sono da ricercare in tutto il bacino del Mediterraneo: Sardegna, Balcani, coste anatoliche, Egitto e Libia. Erano gruppi di mercenari, disertori, ammutinati e rifugiati, che cercavano di sopravvivere dedicandosi ad azioni di pirateria e depredando le zone costiere. Il loro impatto sui territori raggiunti portò al collasso i sistemi politico-economici e ideologici fino ad allora prevalenti. Tanti i fattori di destabilizzazione: l’apertura di nuove rotte commerciali, che faceva declinare i mercati precedenti, i rovesci economici, la pirateria marinara e terrestre, che vampirizzava le coste, la comparsa sulla scena di nuovi consistenti. E tutte queste concause, del tracollo di vecchie società politiche, e dell’affermazione di nuove, si dovevano al perfezionamento della nave, lo straordinario manufatto complesso che consentiva gli spostamenti, i trasporti e le incursioni. La più antica notizia dell’attività di pirati è negli annali del faraone Tutmosi III (1475 a.C.): recano due battelli di grande stazza, carichi di bottino, inclusi schiavi di entrambi i sessi. Le popolazioni del Golfo Persico usavano imbarcazioni di canna fin dal neolitico, seimila-quattromila anni prima di Cristo: nei siti archeologici sono state trovate lische di pesce, e quindi la pesca in mare doveva già essere praticata. I natanti raggiungevano le coste della Terra dei Fiumi (Tigri ed Eufrate), trasportando le ceramiche del Golfo, ritrovate nel meridione mesopotamico. E l’ipotesi che la rapida espansione del commercio navale sia legata alla nascita della scrittura non è una novità. Due o tre dei pittogrammi del proto-cuneiforme di Uruk raffigurano una nave, a dimostrazione che il mezzo di trasporto era conosciuto intorno al 3200 a.C.
In questo contesto si inserisce anche l’Italia. La scoperta, nel 1880, di due giare micenee, nei dintorni di Brindisi, testimonia i contatti egei con il Mezzogiorno adriatico e ionico. A partire dal XIV secolo a.C., si verificò un notevole incremento dei contatti via mare nel Mediterraneo, con il diretto coinvolgimento anche della penisola. Le importazioni dall’Egeo conobbero un incremento di scambi, e i mercanti ciprioti si aggiunsero ai micenei. In questo periodo, le coste della Puglia si popolarono a scapito delle zone più interne. Erano ricche di approdi naturali, e quindi adatte sia alla navigazione che alla difesa. È̀ possibile che sul popolamento abbia influito l’intensificarsi dei traffici marittimi, non solo con l’Egeo e il resto del Mediterraneo, anche con le coste balcaniche, che consentivano l’accesso all’Europa centrale, ricca di materiali pregiati.
L’ambra, di provenienza baltica, ma molto apprezzata nei mercati egei e del Levante, alimentò intensi commerci internazionali via mare. Di converso, l’industria metallurgica e l’artigianato dell’Italia ionica si avvantaggiarono delle importazioni egee di metalli di non facile reperibilità, e delle relative tecnologie produttive. Il Mediterraneo divenne l’autostrada della civiltà: gli scambi merceologici favorirono contatti e conoscenze tra i popoli, e le navi si prestarono a trasferire merci, ma anche culture, linguaggi, tradizioni, miti. Viaggiando per mare, manufatti e prodotti tipici di siti orientali raggiunsero e contaminarono l’occidente europeo, a cominciare dal Sud mediterraneo. I nuovi materiali e le tecniche di produzione vennero acquisiti dalla manodopera locale, adattati, reinterpretati, rielaborati e, spesso, migliorati. Si può dire che il verificarsi di una sorta di prima globalizzazione mondiale – sia pure ristretta nei confini del mondo allora conosciuto – abbia consentito di superare la crisi epocale della Tarda Età del Bronzo, di cui si è parlato in precedenza.
Si è trattato di una globalizzazione culturale e commerciale, che viaggiò a bordo del primo medium che consentì di valicare grandi distanze: la nave, che, seppure più pesante dell’acqua, solcava le onde del Mediterraneo senza affondare, grazie al galleggiamento consentito dal Principio di Archimede (ogni corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto uguale al peso del volume del fluido spostato). E dire, però, che il matematico di Siracusa (287-212 a.C.) era ancora ben lungi dal nascere.