giovedì 18 febbraio 2016

"Porti e approdi nel Mediterraneo antico. Quando i Fenici solcavano i mari" di Pierluigi Montalbano, è disponibile in libreria

È disponibile in libreria

Porti e approdi

nel Mediterraneo antico.

Quando i Fenici solcavano i mari

di Pierluigi Montalbano




 Dal 1200 a.C. circa, le città costiere della Siria e della Palestina, sottoposte in precedenza ora agli Ittiti ora agli Egiziani, ebbero l’opportunità di sviluppare la produzione artigianale e il commercio. In mancanza di miniere, le principali risorse  erano il legname, i prodotti ittici, le sabbie silicee per fabbricazione del vetro, il bisso e la porpora, nonché l’avorio, l’incenso, le spezie e finanche gli animali esotici dell’India, tutti beni che, messi sul mercato, contribuirono ad arricchire le città costiere libanesi.
Fu in quella striscia costiera del Mediterraneo orientale che, alcuni secoli dopo l’invasione dei cosiddetti “Popoli del mare”, si sviluppò la civiltà dei Fenici, un popolo di intraprendenti navigatori e di abilissimi commercianti, che ebbe in Cartagine, fondata dai Tiri sulla costa nordorientale dell’attuale Tunisia, la sua corrispondente in Occidente.
Sui percorsi marittimi dei Fenici, sui porti da loro frequentati, sugli approdi dove sorgevano piccoli e grandi luoghi di culto – santuari dedicati quasi sempre alle divinità del mare, frequentati dai naviganti e intorno ai quali sorgeranno poi anche delle città –, Montalbano concentra la propria attenzione dando ampio spazio ai rapporti con le popolazioni locali, con i villaggi e le tribù nuragiche.
Alle decine e decine di porti raggiunti dai Fenici in tutti gli angoli del Mediterraneo, l’Autore riserva ampio spazio e ne narra la storia, informando il lettore su quanto è venuto alla luce nelle corso delle campagne di scavo. Di molti siti, purtroppo, si conserva solo il ricordo, i loro segreti sono sotto le tante costruzioni edificate in epoche successive.


Pierluigi Montalbano, è nato e vive a Cagliari.
Studioso di preistoria e protostoria, collaboratore di alcune equipe internazio-nali su temi riguardanti la navigazione antica, i relitti del Bronzo e del Ferro, organizza laboratori didattici sull’archeologia e rassegne espositive sul Mediterraneo antico. Numerose le sue conferenze sulla storia della Sardegna e notevole la partecipazione a dibattiti sullo stesso argomento. Dirige il quotidiano on-line di storia e archeologia da lui fondato nel 2010.
Curatore della rassegna culturale “Viaggio nella storia”, realizzata con alcuni docenti dell’Università di Cagliari, è autore di numerosi saggi e dei volumi: Le navicelle bronzee nuragiche (2007), Dal Neolitico alla civiltà nuragica (2008), Sherden. Signori del mare e del metallo (2009), Antichi popoli del Mediterraneo (2011) e Sardegna, l’isola dei nuraghi (2012).

venerdì 12 febbraio 2016

Viva ‘o Rre! Tutt’altro che soldati sgarrupati / / / Recensione al libro di Orazio Ferrara "Viva 'o Rre", apparsa su recensionilibri.org a firma di ElleEffe il 03/02/2016


Viva ‘o Rre! Tutt’altro che soldati sgarrupati


Valorosi, impavidi e traditi. Chi? I soldati di Franceschiello, secondo una lettura storiografica smaccatamente di parte, sia detto a scanso di equivoci. Lo riconosce per primo lo stesso Orazio Ferrara da Pantelleria (vive in provincia di Salerno), autore di un libro polemico uscito per la prima volta nel 1997 e confortato da un insperato successo, soprattutto nelle province napoletane.
Oggi lo ripropone, aggiornato e integrato, in un volume l’editore Capone di Lecce: “Viva ‘o Rre”, 136 pagine 13 euro.
Si tratta di una rapida ricostruzione filoborbonica della tragedia del brigantaggio meridionale, che insanguinò per quasi dieci anni il Mezzogiorno e impegnò severamente quasi metà del nuovo esercito di leva del Regno italiano.
Fin da bambino, l’autore tifava per i borbonici, quell’esercito sgangherato – nella considerazione dei più – di Franceschiello, così come tanti sono dalla parte dei nativi americani. Scotennavano i pionieri e le loro frecce, non facevano differenze tra uomini, donne e bambini, ma erano i buoni e avevano ragione. Come direbbe Enzo Biagi: ammazzavano, ma solo un po’; il giornalista emiliano amava ripetere l’esempio del fidanzato che cercava giustificazioni: la mia ragazza è incinta, ma appena appena.
Ferrara confessa lealmente di non essere imparziale nell’esaltazione della fazione borbonica. È stato sempre da quella parte, ammette, gli bruciano ancora le lezioni subite da ragazzo, quando gli veniva insegnato che i soldati del re delle Due Sicilie valevano poco ed erano pure dei vigliacchi, perché pur essendo in numero sempre maggiore scappavano davanti a pochi garibaldini. Dice che da allora ha preso per reazione a parteggiare inconsciamente per i soldati napolitani, aiutato dalla sua inclinazione a schierarsi sempre con le cause perse, sensibile al mito dell’ultima barricata.
C’è da pensare, quindi, di trovarlo a Masada con gli ebrei assediati dalle coorti di Flavio Silva, al fianco di Romolo Augustolo travolto dai barbari alla fine dell’impero romano. Sarebbe stato con gli Indiani nel Far West, con i Vietnamiti del Sud nel 1975 e, magari, a puntellare gli ultimi pezzi del Muro nel 1989.

Battute a parte, questo è il libro giusto per chi voglia apprendere la Storia dell’unificazione dal punto di vista degli sconfitti, rimpiangendo il loro valore sprecato. A cominciare dalla battaglia di Calatafimi, che il generale Landi riuscì a perdere, abbandonando il campo, quando aveva tutti gli strumenti per vincere. I Cacciatori del maggiore Sforza avevano fatto meraviglie sul pendio terrazzato di Pianto dei Romani, ma il superiore, rimasto prudentemente in paese col grosso delle truppe, richiamò indietro i coraggiosi combattenti partenopei, che subirono più perdite nella ritirata disordinata – compreso un obice perso da un mulo – che nei corpo a corpo coi Mille.
Da lì in avanti alla via così, scontro dopo scontro, i napoletani sempre frenati e i garibaldini aiutati, non solo dalla sorte.
Sostenitore generoso del valore dei reparti borbonici, Ferrara sottovaluta quanto meno le difficoltà “tecniche” con le quali si dovettero misurare i napoletani davanti ai volontari di Garibaldi. Furono quelle riscontrate da altre truppe regolari – gli austriaci più volte e nel 1870 perfino i prussiani – nell’affrontare avversari che non avanzavano al passo a ranghi compatti, ma assaltavano, alla garibaldina, correndo con la baionetta inastata, evitando di subire diverse scariche di fucileria, vista la lentezza nel ricaricare i lunghi fucili dell’epoca. Di quella tecnica i francesi faranno un’autentica concezione bellica, affidando all’elan, allo slancio, la loro condotta esclusiva sul campo, brutalmente stoppata nel 1914 dal filo spinato e dalle mitragliatrici, di cui Francesco II evidentemente non disponeva.
Attratto dagli aspetti politici della vicenda risorgimentale più che da quelli militari, irritato dalla corruzione che intravede tra gli alti ufficiali borbonici – gran parte dei quali ultrasettantenne, già sufficiente motivo di inadeguatezza – Ferrara cita squallidi e meschini retroscena della conquista del Sud, rivelati dal patriota e diplomatico italiano Pietro Chevalier, amico di Cavour.
Tuttavia, seppur ecciti gli animi, anche a posteriori, mettere tutti i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, non porta lontano ai fini di una lettura condivisa della storia.
Romantica e rivendicazionista, la corrente neoborbonica ha assorbito oggi il meridionalismo. Va bene dare voce alle ragioni dei vinti. Va benissimo riconoscere agli sconfitti l’onore delle armi. Ma attenti a non creare miti al contrario. Gli antenati della nostra democrazia repubblicana sono i Mille o i disciplinati e ben vestiti facite ‘a faccia feroce?

Autore: EffeElle


venerdì 5 febbraio 2016

L'Unità, gli storici e le due verità / / / Recensione a "Il 'primato' del Regno delle Due Sicilie" ed a "Viva 'o Rre", apparsa su nuovo Quotidiano di Puglia di Lunedì 1 febbraio 2016 a firma di Nicola de Paulis

L'Unità, gli storici e le due verità

Nuovi saggi si aggiungono alla discussione sul Risorgimento.

I testi di Mottola e Ferrara pubblicati da Capone Editore


di Nicola de Paulis

"Non si è placato, pur se continua con meno clamore, il dibattito storico culturale scaturito dalle celebrazioni del 150mo anniversario dell'Unità d'Italia, evento che ha visto la pubblicazione di numerose opere sulla "questione meridionale" e su la "conquista e l'esproprio dei beni del Sud da parte delle forze nordiste", come è stato definito – in battagliere pubblicazioni come Terroni di Pino Aprile o Il sangue del Sud di Giordano Bruno Guerri.

Continua a leggere cliccando sulla foto




Clicca sulla foto per continuare a leggere


I libri: Viva o 'Rre