I politici erano Casta
già prima della Casta
di Felice Laudadio Jr
“Nel Parlamento italiano, noi abbiamo, come in tutti i Parlamenti, la
distinzione di destra, di centro, di sinistra. Ma questa distinzione non è
assoluta. Vi sono parecchi deputati che seggono alla sinistra e votano
costantemente con la destra: altri che, anche sedendo alla destra, votano
talvolta con la sinistra”. È un parere che arriva dall’interno della
Camera. “Vi è di tutto, eccetto il popolo”. L’icastico giudizio di un
neo-onorevole Grillino, intervistato in piazza Montecitorio? Coi suoi coloriti
accenti di antipolitica potrebbe sembrarlo. L’autore dell’invettiva rincara la
dose, del resto, denunciando i trattamenti di favore, i privilegi dei politici,
che partecipano a feste importanti, “a certi banchetti nelle grandi
occasioni”, viaggiano “gratuitamente”, non pagano “spese di posta”,
godono di uno status che rappresenta un “passepartout generalmente
rispettato”, sono al riparo dalla giustizia “per tutto il tempo che dura
la sessione” ed hanno la facoltà illimitata di “credito”. Dal
momento che si tratta di uno scritto, sembra di trovarsi davanti ad un recente
pamphlet contro la Casta. Ma non lo è. Quantomeno non è affatto moderno, perché
queste stilettate contro la Casta, queste critiche viscerali alla fauna
parlamentare risalgono alle origini della storia unitaria nazionale, al primo
Parlamento, che si riuniva a Torino, dopo la proclamazione del Regno d’Italia.
Sono datate 1862 e provengono da un deputato lucano, il patriota, polemista e
reporter Ferdinando Petruccelli della Gattina (Moliterno, 1815 – Parigi, 1890),
contenute in un testo riproposto dall’editore leccese Capone, come esempio di
critica ante litteram del malcostume politico: “I moribondi del Palazzo
Carignano”, 132 pag. 12 euro, a cura di Enzo di Brango.
Nel Carignano, un palazzo barocco al centro di Torino, ora sede del Museo
Nazionale del Risorgimento, erano ospitate le sedute della prima Camera dei
Deputati. 438 i componenti, colleghi del Petruccelli, eletto nel Collegio di
Brienza sui banchi della Sinistra, liberale e anticlericale, già perseguitato
dal governo borbonico dopo i moti del 1848 ed esule per dodici anni in Francia
e Inghilterra. Il libello (Indro Montanelli lo considerava tra “le perle della
nostra memorialistica del tempo”) nacque dalle corrispondenze pubblicistiche
dell’autore per i quotidiani transalpini ed incontrò il consenso della critica
progressista, per il modo tagliente e spregiudicato col quale mette a nudo
limiti e difetti degli uomini del primo Parlamento. Il curatore Enzo Di Brango,
saggista e redattore di studi meridionali, nell’intitolare il suo contributo
introduttivo “La casta, quando tutto è cominciato”, dedica il lavoro “A Ennio
Flaiano, Indro Montanelli, Enzo Biagi e a tutti i giornalisti di razza che
ancora oggi, fra mille difficoltà, riescono a frustare il potere, scevri da
ogni condizionamento”.
Graffiante anche la prefazione di Valentino Romano, che sottolinea “le
tante scudisciate con le quali Petruccelli bolla un’intera classe politica del
tutto inadeguata al compito al quale, in qualche modo, stata chiamata”- Le
presenta come “un ritratto tranchant, che se pur muove immediatamente al
sorriso, induce ad amare riflessioni sul destino di una nazione malamente
rappresentata fin dalle sue origini”. E lascia al lettore “il compito di
approfondire”, attraverso la penna di Ferdinando Petruccelli, “la scoperta o la
conferma dei limiti di una classe politica che quasi mai si è mostrata
all’altezza del compito al quale è stata chiamata dal 1861 ad oggi”.
Link d'origine: I politici erano casta già prima della casta
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