Le fiabe pugliesi di Errico: pane amore e nostalgia
di Felice Laudadio jr.
I Lestrigoni erano giganti dalla forza
sovrumana. Distrussero undici delle dodici navi della flotta di Ulisse e
arrivarono a sfidare Giove. Solo un mortale poteva sconfiggerli, per
questo Atena chiamò Eracle in soccorso. La battaglia infuriò sulla
pianura Flegrea per un tempo lunghissimo e i pochi superstiti si diedero
alla fuga, ma il semidio li inseguì per rendere la punizione
dell’oltraggio all’Olimpo un monito feroce. Li inseguì fino alle coste
della Japigia, a Santa Cesarea, dilaniandoli uno per uno sulle spiagge,
sotto gli scogli, nelle caverne profonde. I corpi restarono a marcire e
quella corruzione filtrò nel suolo. Le acque di sorgenti limpide delle
grotte Gattulla, Fetida, Sulfurea, Solfatara si fecero di zolfo. Nella
fiaba “I Lestrigoni a Santa Cesarea”, c’è l’intero repertorio della
favolistica popolare: storia (o mitologia), brivido, orrore, un finale
sempre evocativo. È una delle trentadue “Fiabe e Leggende di Puglia”
raccolte e riscritte dal salentino Antonio Errico. Il volume (128 pag.
10 euro) inaugura la collana La terra e le storie, diretta dal dirigente
scolastico di Sannicola, con Maurizio Nocera, per l’editore leccese
Capone.
Odisseo, gli dei, Ercole, il mare che
unisce, invece di dividere: le fiabe del Mezzogiorno sono figlie del
Mediterraneo. Fioriscono dalla tradizione mitologica nata sulle rive
dello Ionio e dell’Egeo, davanti a un piatto di olive, nelle
conversazioni in cerchio attorno a un fuoco. In terra pugliese sono
diventate racconti popolari. In bianco e nero, narrati da donne vestite
di scuro. Spesso in rima cantilenante. In un vernacolo smozzicato. Senza
pudore per la loro crudezza. Quelli del passato erano tempi duri, non
si andava per il sottile.
Chissà se le favole possono tenere testa
ai passatempi tecnologici che attraggono i bambini del Duemila. Arrivano
da lontano. Vengono da un altro mondo, anche se non da un altro
pianeta. È ancora tempo di fiabe? La risposta di Errico è affermativa. “C’è un tempo per i racconti, come per tutto”, dice con garbo, rivedendosi, bambino, lottare contro il sonno per ascoltare “in silenzio e con stupore”
storie di incantesimi, di pozioni magiche, di animali parlanti. Di
sovrani, sirene e tesori. Di diavoli e di streghe. Da adulti, quelle
vicende riaffiorano dalla memoria, riprendono consistenza. “Riportano ad un passato che non è solo nostalgia”, è cultura, è patrimonio di una comunità. E va conservato, valorizzato. Trasmesso.
Quello di Errico è volontariato culturale
esercitato con passione. Sette mesi di lavoro, da giugno
all’antivigilia del 2012, dedicati alla riscrittura originale di fiabe e
leggende pugliesi della tradizione orale e scritta. Testi nei quali ha “messo le mani”, rimaneggiando, “a volte ritoccando, a volte reinventando e rinarrando”. Nessuna ambizione scientifica: solo memoria, sentimento. Pane, amore e nostalgia.
Link d'origine: Repubblica.it
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