«Puglia bizantina»,
cercando Costantinopoli
all’angolo di casa
Con Nino Lavermicocca,
per riscoprire storia e cultura della nostra regione
di GIACOMO ANNIBALDIS
I vandali l’hanno imbrattata con
vernice rosa: una sorta di performance, che voleva essere spiritosa e che
invece è soltanto stupida. Così un
anno fa appariva la chiesetta di San Mauro presso Gallipoli, tutta coperta da
uno strato rosa-shocking. Scandaloso.
Di certo i barbari non conoscevano il valore del piccolo
romitaggio, «segno forte e indissolubile luogo della bizantinità di Gallipoli»,
la cui fondazione si perde nella leggenda, mentre il sito è «ben documentato
dal 1149 fino al 1227, nel luogo detto “A n a fo r a r i o ”, prospiciente cioè
il mare».
D’altronde molti di noi conoscono ben poco la storia della Puglia
bizantina, gli eventi, le tracce, i culti e i tesori disseminati nel territorio
e nelle chiese... Una storia medievale, che vuole emergere e farsi notare: se
si pensa che negli ultimi decenni nel borgo antico di Bari sono affiorati i resti
di una decina di luoghi sacri sicuramente bizantini, tempietti databili cioè al
tempo in cui la città era la capitale
del «Thema Langobardorum», sotto il dominio di Costantinopoli. E lo fu per ben
due secoli.
Sulle vicende baresi Nino Lavermicocca ha più volte cercato di
richiamare l’attenzione; almeno con i tre volumi divulgativi editi da Pagina (Bari
bizantina.Capitale mediterranea del 2003; Bari bizantina. 1071-1156: il
declino, del 2006, e Bari bizantina. 1156-1261, del 2010).
Ora lo studioso barese (che è stato ispettore nella
Soprintendenza di Puglia) allarga il suo campo visivo e ci dona un affresco su
tutta la Puglia bizantina, raccontandoci, per i tipi dell’editore
Capone, «Storia e cultura di una regione mediterranea (876-1071)» (pp. 167, euro
17). E sue sono le parole espresse prima a proposito del tempietto di San Mauro
presso Gallipoli.
Secondo lo studioso, «i due secoli di storia bizantina della Puglia
(871-1071) sono fra i più ricchi di eventi e avvenimenti, come mai più nel
corso delle vicende della regione, che hanno forgiato paesaggio, ambiente,
cultura, unità, coscienza di appartenenza ed identità storica, da allora
connesse stabilmente al mondo orientale e mediterraneo, nel segno di
Costantinopoli ».
E poiché questo potrebbe apparire a molti come un giudizio un
tantino esagerato, Lavermicocca intende confermarlo quasi enumerando tutto
l’enume - rabile, cercando di chiamare a suoi testimoni i Cristi Pantokratori,
le Madonne Odegitrie, i santi orientali affrescati sulle pareti di chiese e
romitaggi rupestri, o nelle icone disseminate - e sopravvissute - nei luoghi di
culto. Non solo Bari, divenuta capitale bizantina, ottenne un invidiabile
primato; ma anche le città costiere del Salento conobbero traffici, benessere,
istituzioni che rimandavano a Costantinopoli. Con Bisanzio anche la
conformazione della Capitanata - grazie all’org anizzazione territoriale voluta
dal catapano Basilio Bojohannes (1017-1028) - si rinnovò con la nascita di
villaggi-castelli che ne delimitavano le frontiere.
Nino Lavermicocca ci conduce quindi nelle grotte, nei luoghi
di una civiltà rupestre in cui occhieggiano benevoli i beati, nei santuari, ma
anche negli archivi: alla scoperta di documenti utili a mostrarci quello che
lui definisce l’«imprinting bizantino » lasciato nel territorio e durato anche
dopo la conquista normanna. Ci guida con la consueta foga a volte troppo
accumulativa, propria di chi intende mostrare la sua passione per la sua terra:
affastellando catapani, monumenti, documenti, gerarchie, tracce e reperti...
Una passione propria di chi riesce a indignarsi ancora per la perdita di
memoria e di chi non si stanca ancora a proporre - in questi tempi di vacche
magre anche per lo spirito - una rinascita di consapevolezza, nonché nuovi
musei che dovrebbero nascere - improbabile - mentre altri, già esistenti,
languono, invisibili. Mentre un così grande patrimonio va perdendosi.
Recensione apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” di lunedì
13/08/2012
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