
Quando Carlo III di Borbone incaricò l’architetto Luigi Vanvitelli della realizzazione della reggia, il sovrano aveva bene in mente il suo modello: Versailles. I numeri stupiscono già sulla carta: su una pianta rettangolare, il palazzo reale di Caserta copre un’area di 44.000 metri quadrati e s’innalza per 42 metri lungo un fronte di 250 metri, con 1200 stanze illuminate da 1790 finestre. Per costruirlo furono spesi circa 6 milioni di ducati (ai tempi con un ducato si pagava una discreta cena). I milioni di visitatori restano affascinati dalla sontuosità delle sale di rappresentanza e di ricevimento, quasi tutte tappezzate con seta di San Leucio, ricche di preziose decorazioni, di arazzi, di mobili e specchi, che si snodano lungo ariosi corridoi e passetti, intorno ai quattro grandi cortili.
Dall’atrio si entra nelle stanze reali che si suddividono in appartamento vecchio (fine XVIII secolo) e appartamento nuovo (inizio XIX secolo); dalle prime sale degli Alabardieri e delle Guardie del Corpo si giunge nel salone di Alessandro e quindi alla Sala del Trono ed ad una serie di salotti e di stanze arredate da mobili in stile impero. L’ala settecentesca ospita sale di ricevimento con affreschi ispirati alle quattro stagioni, salotti, “boudoir”, riccamente decorati secondo gli stili tardo barocco o rococò. L’affresco della Sala di Alessandro il Grande, la Camera da letto di Francesco II e il suggestivo scalone d’onore (117 gradini, tutti realizzati in un unico blocco di pietra lumachella di Trapani) sono solo alcuni esempi della grandiosità del Palazzo vanvitelliano. A stupire il visitatore contribuiranno poi la varietà di stucchi, ori e marmi della Cappella Palatina e del Teatro di Corte: questo è l’unica parte che Vanvitelli ultimò. Il suo lavoro fu portato avanti dal figlio Carlo.
Gianluigi Guiotto, La Reggia di Caserta,
Capone Editore, Lecce 2010, ISBN 9788883491238
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