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VIAGGIO IN PUGLIA
GUIDATI
DAL BAROCCO
Di Claudia Presicce
Parlare di barocco in Puglia significa celebrare una
vittoria della vita sulla morte, del movimento
sull'immobilità, del rumore assordante sul silenzio cupo e sordo, di una
naturale gioia sul rigore imposto. Qui osare con forme artistiche audaci e coraggiose
ha significato molto di più che altrove una protesta celata nell'arte, una
rivolta potente e silenziosa dell'uomo in nome della libera espressione, così
come accaduto nella storia a tanti grandi artisti che hanno messo la loro personalità ribelle
nelle loro opere. In un Sud lontano e schiacciato dal giogo di una lontana
dominazione la creatività per secoli è stato l'unico luogo di libertà.
La parola "esaustività" non si potrà mai
accostare allo studio del barocco leccese, salentino
e pugliese, per questo saranno sempre benvenute nuove
pubblicazioni e studi, che si cimentano ad indagare in questo poliedrico mondo che
racconta molto più di noi, delle nostre personalità meridionali, forti e
apparentemente imbelli, di quanto si voglia ancora oggi ammettere.
"Puglia barocca" (Capone editore 2013, 18 euro)
è il nuovissimo volume firmato da Mario Cazzato che da domani arriverà in
libreria fresco di stampa.
Per quanto la pietra qui da noi sia stata generosa e
incoraggiante per un'espressività così ricca e luminosa, il barocco salentino -
che annuncia lo sviluppo del genere in Puglia - appare piuttosto tardivo rispetto ad
altre zone. Il libro sostiene che, se a Napoli non si può parlare di barocco
prima del 1631, a Lecce per riconoscere vere tracce di questa espressione bisognerà
aspettare almeno un altro quindicennio e la mano di artisti che hanno segnato questa
terra, come Cesare Penna, Giuseppe Zimbalo, ecc.
Tuttavia a Lecce primissimi albori, impercettibili
segnali, cominciarono a germogliare già dopo la battaglia di Lepanto del 1571 in cui la sconfitta dei turchi
significò l'apertura di una città fino ad allora riavvolta e chiusa su se stessa
per difendersi, tra le mura e il castello di Carlo V. Per due secoli poi quest'
espressione artistica disegnò il ritratto di Lecce, una città che sarebbe per sempre passata alla storia
come la "Firenze del barocco". Tuttavia l'arte barocca qui arrivò per
fondersi con molte espressioni artistiche e architettoniche preesistenti e poi seguenti,
in un caleidoscopio unico di culture e stili, forme e pensieri, che rendono i
palazzi e le chiese delle bomboniere da scartare e scoprire lentamente, in
tutte le loro infinite vite.
L'esplosione vera e propria del barocco leccese, oggi
comunemente identificato, si verificò tra gli anni '70 e '80 del secolo. La
figura chiave di questo periodo fu un onnipresente Zimbalo che, fino alla
morte, nel 1710, occupò un posto di rilievo nel panorama architettonico salentino.
A Lecce ad
esempio, anche elementi fortemente rappresentativi
della città, come la progettazione della colonna di Sant'Oronzo, portano la sua
firma. Spesso in un continuato rapporto sinergico, la sua attività si intrecciò
con quella di Giuseppe Cino o Gabriele Riccardi. Per esempio il florilegio
della facciata di Santa Croce, costruita su tre sezioni, fu disegnato tra il
1549 e il 1695 da Gabriele Riccardi, Cesare
Penna e Giuseppe Zimbalo.
Ma non si chiuse solo con il Seicento il tempo del
barocco in questo Sud, anzi, Mauro Manieri (1687-1744) fu portavoce di una personale
radicale critica all’esasperato decorativismo barocco di quegli anni che portò
inevitabilmente ad una svolta. Fu, spiega Cazzato, il terremoto del 1743 a determinare
l’affermazione del gusto rocaille, un gusto che unificò il basso con l'alto Salento
e che segnò, ancora una volta, la differenza con la Capitanata gravitante sempre
di più nell'orbita napoletana.
Mario Cazzato scrive della civiltà barocca salentina
già dal 1986, quando con Vincenzo Peluso pubblicò un libro che
svelò le bellezze di Melpignano.
Ha scritto da allora circa un centinaio di opere tra guide
e saggi.
Da "Nuovo quotidiano di Puglia" di lunedì, 14 gennaio 2013
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