Mesopotamia e Mediterraneo antico
Le origini della navigazione
di
Felice Laudadio
Guerre
sul mare e azioni di pirateria già nell’Età del Bronzo, intere civiltà
travolte dai migranti nel mare Nostrum: uno scenario tutto da leggere nel
saggio di storia antica del prof. Massimo Baldacci, delle Università
dell’Aquila, di Roma Tor Vergata e Stoccarda. Il titolo è «Le origini della navigazione.
Mesopotamia e Mediterraneo antico», ed è pubblicato dalle Edizioni Capone di
Lecce (gennaio 2017, 192 pagine).
Tarda
età del Bronzo, parliamo del 1500-1200 avanti Cristo, quando alcune delle
maggiori entità politiche mediterranee dell’epoca andarono incontro a un
rapido declino e scomparvero: Ugarit, Micene, l’impero ittita. Altre, come
l’impero egizio, dovettero ridimensionarsi, abbandonando alcuni territori
precedentemente occupati. Tra le cause della crisi di fine Bronzo vanno
segnalate le migrazioni dei Popoli del mare, le cui origini sono da ricercare
in tutto il bacino del Mediterraneo: Sardegna, Balcani, coste anatoliche,
Egitto e Libia. Erano gruppi di mercenari, disertori, ammutinati e rifugiati,
che cercavano di sopravvivere dedicandosi ad azioni di pirateria e depredando
le zone costiere. Il loro impatto sui territori raggiunti portò al collasso i
sistemi politico-economici e ideologici fino ad allora prevalenti. Tanti i
fattori di destabilizzazione: l’apertura di nuove rotte commerciali, che faceva
declinare i mercati precedenti, i rovesci economici, la pirateria marinara e
terrestre, che vampirizzava le coste, la comparsa sulla scena di nuovi
consistenti. E tutte queste concause, del tracollo di vecchie società
politiche, e dell’affermazione di nuove, si dovevano al perfezionamento della
nave, lo straordinario manufatto complesso che consentiva gli spostamenti, i
trasporti e le incursioni. La più antica notizia dell’attività di pirati è
negli annali del faraone Tutmosi III (1475 a.C.): recano due battelli di grande
stazza, carichi di bottino, inclusi schiavi di entrambi i sessi. Le popolazioni
del Golfo Persico usavano imbarcazioni di canna fin dal neolitico,
seimila-quattromila anni prima di Cristo: nei siti archeologici sono state
trovate lische di pesce, e quindi la pesca in mare doveva già essere
praticata. I natanti raggiungevano le coste della Terra dei Fiumi (Tigri ed
Eufrate), trasportando le ceramiche del Golfo, ritrovate nel meridione
mesopotamico. E l’ipotesi che la rapida espansione del commercio navale sia
legata alla nascita della scrittura non è una novità. Due o tre dei
pittogrammi del proto-cuneiforme di Uruk raffigurano una nave, a dimostrazione
che il mezzo di trasporto era conosciuto intorno al 3200 a.C.
In
questo contesto si inserisce anche l’Italia. La scoperta, nel 1880, di due
giare micenee, nei dintorni di Brindisi, testimonia i contatti egei con il
Mezzogiorno adriatico e ionico. A partire dal XIV secolo a.C., si verificò un
notevole incremento dei contatti via mare nel Mediterraneo, con il diretto
coinvolgimento anche della penisola. Le importazioni dall’Egeo conobbero un
incremento di scambi, e i mercanti ciprioti si aggiunsero ai micenei. In questo
periodo, le coste della Puglia si popolarono a scapito delle zone più interne.
Erano ricche di approdi naturali, e quindi adatte sia alla navigazione che alla
difesa. È̀ possibile che sul popolamento abbia influito l’intensificarsi dei
traffici marittimi, non solo con l’Egeo e il resto del Mediterraneo, anche con
le coste balcaniche, che consentivano l’accesso all’Europa centrale, ricca di
materiali pregiati.
L’ambra,
di provenienza baltica, ma molto apprezzata nei mercati egei e del Levante,
alimentò intensi commerci internazionali via mare. Di converso, l’industria
metallurgica e l’artigianato dell’Italia ionica si avvantaggiarono delle
importazioni egee di metalli di non facile reperibilità, e delle relative
tecnologie produttive. Il Mediterraneo divenne l’autostrada della civiltà: gli
scambi merceologici favorirono contatti e conoscenze tra i popoli, e le navi si
prestarono a trasferire merci, ma anche culture, linguaggi, tradizioni, miti.
Viaggiando per mare, manufatti e prodotti tipici di siti orientali raggiunsero
e contaminarono l’occidente europeo, a cominciare dal Sud mediterraneo. I nuovi
materiali e le tecniche di produzione vennero acquisiti dalla manodopera
locale, adattati, reinterpretati, rielaborati e, spesso, migliorati. Si può
dire che il verificarsi di una sorta di prima globalizzazione mondiale – sia
pure ristretta nei confini del mondo allora conosciuto – abbia consentito di
superare la crisi epocale della Tarda Età del Bronzo, di cui si è parlato in
precedenza.
Si
è trattato di una globalizzazione culturale e commerciale, che viaggiò a
bordo del primo medium che consentì di valicare grandi distanze: la nave, che,
seppure più pesante dell’acqua, solcava le onde del Mediterraneo senza
affondare, grazie al galleggiamento consentito dal Principio di Archimede (ogni
corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto uguale al
peso del volume del fluido spostato). E dire, però, che il matematico di
Siracusa (287-212 a.C.) era ancora ben lungi dal nascere.
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